domenica 30 settembre 2007

Privati ... del diritto

ESTERI

Ha 12 anni e sfida Bush sulla Sanità. Alla radio chiede: "Presidente perché mi vuole morto?"

Il bambino timido e solo
che processa la Casa Bianca


Il bambino timido e solo
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Graeme Frost parla con i giornalisti a Washington

dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI
WASHINGTON - Con il caschetto di capelli biondi, gli occhiali da miope e le mani intrecciate per nascondere il nervoso, è un ragazzo di 12 anni con la faccia di Macaulay Culkin di "Mamma ho perso l'aereo" il nuovo "nemico pubblico numero uno" di George W. Bush, nel film vero che sta terrorizzando la Casa Bianca.

Si chiama Graeme Frost, viene da Baltimora e dai microfoni delle radio, dalle tribune del Congresso, sta ribattendo e rispondendo direttamente a Bush. Lo accusa di volere la sua morte e la morte di tutti i bambini e le bambine come lui, che per sopravvivere a malattie e incidenti dipendono da quella sanità pubblica che la Casa Bianca vorrebbe falciare nel nome dell'ideologia privatista e degli interessi del "big business" assicurativo.

La storia di Graeme, il bambino che è stato scelto per essere il protagonista di un film che si potrebbe intitolare "Presidente, ho perso l'assicurazione" è insieme una storia vera e una sceneggiatura politica.

Questo ragazzo di seconda media, insieme con un rabbino, una suora cattolica, un infermiera e un pediatra già portati in parata, sono i volti pubblici della battaglia lanciata dai Democratici contro il Presidente Repubblicano sul terreno del problema che angoscia la vita quotidiana degli americani di ogni età e condizione: l'assicurazione sulla salute.

continua su La Repubblica

sabato 29 settembre 2007

Birmania alle corde

evolution in Myanmar

The saffron revolution

Sep 27th 2007
From The Economist print edition

If the world acts in concert, the violence should be the last spasm of a vicious regime in its death throes


Reuters

“FEAR”, the lady used to say, “is a habit.” This week, inspired in part by the lady herself, Aung San Suu Kyi, partly by the heroic example set by Buddhist monks, Myanmar's people kicked the addiction.

Defying the corrupt, inept, brutal generals who rule them, they took to the streets in their hundreds of thousands to demand democracy. They knew they were risking a bloody crackdown, like the one that put down a huge popular revolt in 1988, killing 3,000 people or more. In 1988 Burma's people were betrayed not just by the ruthlessness of their rulers, but also by the squabbling and opportunism of the outside world, which failed to produce a co-ordinated response and let the murderous regime get away with it. This time, soldiers are once again shooting and killing unarmed protesters (see article). Can the world avoid making the same mistake twice?

In New York for the United Nations General Assembly, Western leaders, led by George Bush, harangued the junta, and threatened yet more sanctions. They have probably already shot their bolt. Western sanctions have been tried and have failed, in part because Myanmar's neighbours have for years followed a different approach. Its fellow members of the Association of South-East Asian Nations waffled about “constructive engagement” while making economic hay in Myanmar from the West's withdrawal. India, too, anxious about China's growing influence, and hungry for oil and gas, has swallowed its democratic traditions and courted the generals.

Comrades-in-arms

China itself has built an ever-closer relationship. The two countries, after all, have a lot in common beyond a shared border. Since the 1980s a wave of “people-power” revolutions has swept aside tyrannies around the world. Mercifully few regimes, and few armies, are willing to kill large numbers of their own people to stay in power. Two big exceptions have been Myanmar and China, whose government in 1989 likewise stayed in power through a massacre.

continua su The Economist

lunedì 24 settembre 2007

Gas serra si ricomincia

Le Nazioni Unite chiederanno impegno «forte» contro gas serra
NEW YORK
Capi di Stato e autorità governative di 150 Paesi: una partecipazione senza precedenti, per la conferenza sui cambiamenti climatici che si terrà domani nella sede dell’Onu a New York. All’incontro, denominato «The future in our hands» (il futuro è nelle nostre mani), parteciperanno il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e il ministro dell`Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio.

Obiettivi della conferenza, ottenere un impegno politico forte per ridurre le emissioni di gas serra e preparare il terreno per il vertice Onu sul clima che si terrà a Bali, dal 3 al 14 dicembre, dove si discuterà sul dopo Kyoto (il protocollo scadrà nel 2012).

«Tutte le nazioni devono comprendere l’imperativo morale che il cambiamento climatico va affrontato con urgenza, nel nostro interesse collettivo. Gli sforzi fatti finora sono stati inadeguati, visto che il livello di emissioni di anidride carbonica nei Paesi industrializzati continua a crescere», ha dichiarato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.

«Mi aspetto che la riunione di lunedì ci consenta di fare i progressi necessari», ha aggiunto Yvo de Boer, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. «Sul clima una rivoluzione è già in atto: incoraggiamola con nuove regole», ha concluso.
( La Stampa)

martedì 18 settembre 2007

Basta un atomo

BASTA UN ATOMO

" Bisogna uscire dalla schiavitù del petrolio. E ripensare al nucleare. Grazie alla ricerca che può azzerare i rischi. Parole di scienziato. .. queste le parole di Umberto Veronesi, ex chirurgo oncologo della Milano da bere, ex Ministro della Sanità che disse : .... bisogna tagliare gli ospedali... attuale manager di Fondazioni private esce su L'Espresso e sostiene il nucleare, minimizzando Chernobyl ! Grande, grandissimo. Quello fu l'esempio concreto di cosa significhi gestire una centrale nucleare, dal punto di vista tecnico, finanziario e soprattutto politico. Schiavi del petrolio ? No, certo! Schiavi dell'uranio ? No, ancora più certo! Il nostro è il paese del sole e dei terremoti. Diamo un segno. Il nostro paese è in coda nella classifica per uso delle energie alternative, fortemente utili nelle piccole comunità. Il nostro paese è in cima alle classifiche per la questione della mondezza e della criminalità organizzata, che se ne occupa. Ilaria Alpi è ancora presente nei nostri ricordi.
Caro Umberto goditi la tua straricca vecchiaia e lascia perdere la nostra italietta.




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domenica 16 settembre 2007

Ghiaccio bollente

Aperto il mitico «passaggio a nord-ovest» .
Lo scioglimento dei ghiacci dell'Artico ha reso navigabile la storica rotta dall'Atlantico al Pacifico resa celebre dai romanzi d'avventura
ghiacci si stanno ritirando come mai prima anche nell'Artico, e il fenomeno ha fatto addirittura aprire lo storico, e finora inaccessibile, passaggio a Nord-Ovest, la rotta più diretta che collega l'Atlantico e il Pacifico attraverso il Canada settentrionale, tanto da renderlo pienamente navigabile.
La storia del «Passaggio a nord-ovest»

A rivelarlo sono le immagini del satellite Envisat dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) per l'Osservazione della Terra, che ha rilevato una contrazione dei ghiacci artici mai registrata prima. Envisat, ai primi di settembre, ha infatti inviato a terra circa 200 immagini dell'area artica, catturate grazie al suo radar ad apertura sintetica avanzata Asar (Advanced Synthetic Aperture Radar).
Le fotografie scattate dal satellite Esa-Envisat

«L'area coperta da ghiacci si è ridotta ad appena tre milioni di metri quadrati, un milione in meno rispetto ai precedenti minimi registrati nel 2005 e nel 2006» ha spiegato lo scienziato danese Leif Toudal Pedersen del Danish National Space Center che sottolinea l'urgenza di capire le cause del fenomeno. A testimoniare la «completa navigabilità» del mitico passaggio a Nord-Ovest, sono le straordinarie immagini riprese da Envisat e che l'Esa ha pubblicato on line. «Negli ultimi decenni -spiegano all'Esa- il passaggio a Nord-Ovest è rimasto sempre ostruito da piattaforme ghiacciate perennì, che non si sciolgono cioè nemmeno durante l'estate. E da 30 anni a questa parte, da quando cioè sono disponibili tecnologie satellitari, non era mai stata rilevata una contrazione tanto significativa nell'area coperta dai ghiacci artici».
15 settembre 2007 ( Corriere della Sera)

venerdì 7 settembre 2007